12-10-2008
NORMA "SALVA MANAGER", L'ULTIMA SORPRESA DI UN GOVERNO UN PO' TROPPO DISTRATTO
Un decreto per Alitalia che nasconde tra i suoi commi un paracadute per i manager incapaci e disonesti. Di quelli che hanno messo in ginocchio le loro aziende e che ora avrebbero trovato il salvagente adatto per non annegare nei loro disastri. A gettare la ciambella, ancora una volta, il governo delle leggi ad personam, quello di Silvio Berlusconi. La norma in questione, già stata ribattezzata “salva-manager”, prevede, nel caso di amministrazione straordinaria, che i reati come la bancarotta fraudolenta, la bancarotta semplice o il ricorso abusivo al credito, siano applicabili solo se la compagnia fallisce o nell'ipotesi di accertata falsità dei documenti. Nell’articolo incriminato, il 7bis, si legge: «Le dichiarazioni dello stato di insolvenza a norma dell'art. 4, comma primo, e dell'art. 3, comma terzo, del presente decreto e dell'art. 3 e dell'art. 82 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, sono equiparate alla dichiarazione di fallimento ai fini dell'applicazione delle disposizioni dei capi I, II e IV del titolo VI della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267 e successive modificazioni ed integrazioni) solo nell'ipotesi in cui intervenga una conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, in corso o al termine della procedura, ovvero nell'ipotesi di accertata falsità dei documenti posti a base dell'ammissione alla procedura». Finora i manager delle grandi imprese finivano sotto processo per bancarotta a partire dalla sola dichiarazione d'insolvenza. Invece, se il 7bis passasse, l'azione penale resterebbe sospesa fino all’eventuale, ma non certo, fallimento definitivo. Insomma il governo era pronto a dare un nuovo colpo di spugna sull’irresponsabile gestione di molti manager rampanti e fallimentari. Oggi il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, durante l’informativa al Parlamento sulla crisi finanziaria, ha promesso che la norma scomparirà dal provvedimento. “Salveremo le banche, - ha detto - ma non il management se ha sbagliato a gestirle”. L’articolo infilato a sorpresa nel decreto per il salvataggio della compagnia di bandiera per Tremonti sarebbe "fuori dalla logica di questo governo" e quindi "va via l’emendamento o va via il ministro dell’Economia". L’articolo, dunque, dovrebbe essere cancellato nel passaggio parlamentare alla Camera, durante la discussione generale di lunedì 20 ottobre. Ma il dubbio è che questo non accada, e che l’aut-aut del ministro dell’Economia rimanga solo sui titoli dei giornali. Specialmente se l’emendamento ha come effetto quello di ‘salvare’ da un pesante rinvio a giudizio il ministro per i Rapporti con le regioni Raffaele Fitto. In questo caso “se la notizia è confermata – commenta il capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti - saremmo di fronte ad una legge fatta a posta per bloccare il regolare corso della giustizia. E se poi risulta vero che gli avvocati del ministro Fitto sono i deputati Buongiorno e Sisto, rispettivamente presidente e componente della commissione Giustizia della Camera, allora diventa sempre più grave ed attuale il problema della confusione dei ruoli in parlamento”. Viene da chiedersi: che garanzia ha il cittadino quando vede che il difensore-legislatore o l'imputato-deputato propongono o approvano le leggi pensando alla situazione personale di pochi e non all'interesse della collettività. “E poi, - si chiede l’esponente del Pd - è ancora vigente il principio costituzionale per cui siamo tutti uguali davanti alla legge?" Le norme “salva-manager” contenute in un emendamento al decreto Alitalia, e salite all’onor della cronaca dal servizio di Milena Gabanelli per il programma di Raitre Report, erano state segnalate e denunciate dal Pd durante l'esame del provvedimento al Senato. “Evidentemente siamo stati inascoltati”, dice il senatore democratico Felice Casson, che aggiunge: “L'emendamento specifico oggetto di polemica odierna è stato presentato all'ultimo momento soltanto in Aula dai relatori del Pdl, e solo dopo la conclusione dei lavori di Commissione, e faceva parte di quel pacchetto di norme volte a limitare in vario modo la responsabilità penale di amministratori e dirigenti, secondo un malcostume tipico di questa maggioranza”. “Su tutti questi emendamenti – continua il senatore - il Pd del Senato ha votato contro, ben consapevole della forza dirompente di norme di privilegio ad personam, ed è magra soddisfazione che ora la vicenda, con ritardo, finisca sulle prime pagine dei giornali”. “Prendiamo atto - conclude Casson - che lo stesso ministro Tremonti questa mattina ha dichiarato il suo impegno per l'eliminazione di questa norma”. Con la speranza, naturalmente, “che – come chiesto da Andrea Lulli, capogruppo Pd in commissione Attività produttive della Camera – Tremonti passi dalle parole ai fatti, accettando il nostro emendamento che elimina il salvataggio dei manager previsto nel decreto Alitalia”.
NORMA "SALVA MANAGER", L'ULTIMA SORPRESA DI UN GOVERNO UN PO' TROPPO DISTRATTO
Un decreto per Alitalia che nasconde tra i suoi commi un paracadute per i manager incapaci e disonesti. Di quelli che hanno messo in ginocchio le loro aziende e che ora avrebbero trovato il salvagente adatto per non annegare nei loro disastri. A gettare la ciambella, ancora una volta, il governo delle leggi ad personam, quello di Silvio Berlusconi. La norma in questione, già stata ribattezzata “salva-manager”, prevede, nel caso di amministrazione straordinaria, che i reati come la bancarotta fraudolenta, la bancarotta semplice o il ricorso abusivo al credito, siano applicabili solo se la compagnia fallisce o nell'ipotesi di accertata falsità dei documenti. Nell’articolo incriminato, il 7bis, si legge: «Le dichiarazioni dello stato di insolvenza a norma dell'art. 4, comma primo, e dell'art. 3, comma terzo, del presente decreto e dell'art. 3 e dell'art. 82 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, sono equiparate alla dichiarazione di fallimento ai fini dell'applicazione delle disposizioni dei capi I, II e IV del titolo VI della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267 e successive modificazioni ed integrazioni) solo nell'ipotesi in cui intervenga una conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, in corso o al termine della procedura, ovvero nell'ipotesi di accertata falsità dei documenti posti a base dell'ammissione alla procedura». Finora i manager delle grandi imprese finivano sotto processo per bancarotta a partire dalla sola dichiarazione d'insolvenza. Invece, se il 7bis passasse, l'azione penale resterebbe sospesa fino all’eventuale, ma non certo, fallimento definitivo. Insomma il governo era pronto a dare un nuovo colpo di spugna sull’irresponsabile gestione di molti manager rampanti e fallimentari. Oggi il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, durante l’informativa al Parlamento sulla crisi finanziaria, ha promesso che la norma scomparirà dal provvedimento. “Salveremo le banche, - ha detto - ma non il management se ha sbagliato a gestirle”. L’articolo infilato a sorpresa nel decreto per il salvataggio della compagnia di bandiera per Tremonti sarebbe "fuori dalla logica di questo governo" e quindi "va via l’emendamento o va via il ministro dell’Economia". L’articolo, dunque, dovrebbe essere cancellato nel passaggio parlamentare alla Camera, durante la discussione generale di lunedì 20 ottobre. Ma il dubbio è che questo non accada, e che l’aut-aut del ministro dell’Economia rimanga solo sui titoli dei giornali. Specialmente se l’emendamento ha come effetto quello di ‘salvare’ da un pesante rinvio a giudizio il ministro per i Rapporti con le regioni Raffaele Fitto. In questo caso “se la notizia è confermata – commenta il capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti - saremmo di fronte ad una legge fatta a posta per bloccare il regolare corso della giustizia. E se poi risulta vero che gli avvocati del ministro Fitto sono i deputati Buongiorno e Sisto, rispettivamente presidente e componente della commissione Giustizia della Camera, allora diventa sempre più grave ed attuale il problema della confusione dei ruoli in parlamento”. Viene da chiedersi: che garanzia ha il cittadino quando vede che il difensore-legislatore o l'imputato-deputato propongono o approvano le leggi pensando alla situazione personale di pochi e non all'interesse della collettività. “E poi, - si chiede l’esponente del Pd - è ancora vigente il principio costituzionale per cui siamo tutti uguali davanti alla legge?" Le norme “salva-manager” contenute in un emendamento al decreto Alitalia, e salite all’onor della cronaca dal servizio di Milena Gabanelli per il programma di Raitre Report, erano state segnalate e denunciate dal Pd durante l'esame del provvedimento al Senato. “Evidentemente siamo stati inascoltati”, dice il senatore democratico Felice Casson, che aggiunge: “L'emendamento specifico oggetto di polemica odierna è stato presentato all'ultimo momento soltanto in Aula dai relatori del Pdl, e solo dopo la conclusione dei lavori di Commissione, e faceva parte di quel pacchetto di norme volte a limitare in vario modo la responsabilità penale di amministratori e dirigenti, secondo un malcostume tipico di questa maggioranza”. “Su tutti questi emendamenti – continua il senatore - il Pd del Senato ha votato contro, ben consapevole della forza dirompente di norme di privilegio ad personam, ed è magra soddisfazione che ora la vicenda, con ritardo, finisca sulle prime pagine dei giornali”. “Prendiamo atto - conclude Casson - che lo stesso ministro Tremonti questa mattina ha dichiarato il suo impegno per l'eliminazione di questa norma”. Con la speranza, naturalmente, “che – come chiesto da Andrea Lulli, capogruppo Pd in commissione Attività produttive della Camera – Tremonti passi dalle parole ai fatti, accettando il nostro emendamento che elimina il salvataggio dei manager previsto nel decreto Alitalia”.
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