03-06-2008
IL NUCLEARE? UNA FUGA VERSO IL PASSATO
Il nucleare è la soluzione? E' questa la via d'uscita per rispondere ai problemi economici del caro-petrolio e a quelli non meno urgenti dei mutamenti climatici, legati anch'essi all'immane consumo di greggio e di altri fossili? La pensa così il governo Berlusconi, che con il ministro Scajola ha annunciato che entro cinque anni verrà dato concreto avvio alla realizzazione di nuove centrali nucleari. Ora, il tema del nucleare è certamente serio, molto meno seri sono i toni propagandistici e le previsioni tempistiche contenuti nell'annuncio di Scajola. E' propaganda, intanto, sostenere che il nucleare che c'è, quello delle centrali attualmente in funzione, sia sicuro: i problemi di sicurezza e d'impatto ambientale, a cominciare dalle scorie, che hanno reso l'energia dell'atomo molto impopolare, e non solo in Italia, restano irrisolti; irrisolti dappertutto, anche nei Paesi come la Francia, gli Stati Uniti o il Giappone, che sul nucleare hanno scommesso di più. Il nucleare è tuttora una tecnologia molto insicura e molto rischiosa, ed è ad oggi - persino con il petrolio a 130 dollari il barile - una tecnologia economicamente poco conveniente per gli alti costi di costruzione e di smantellamento delle centrali e di smaltimento dei rifiuti. Insicurezza e costi molto alti sono anche le principali ragioni per le quali da oltre un decennio nessun Paese occidentale costruisce più nuove centrali. Insomma, il nucleare è fermo da tempo là dove le preoccupazioni e il controllo dell'opinione pubblica hanno più peso e dove l'energia è un affare del mercato; invece continua ad andare avanti in Cina, in India, in Russia, dove il controllo democratico o non c'è oppure è molto più fragile e dove le centrali vengono pagate con i soldi dello Stato. Nel complesso, comunque, il nucleare è in declino, e la Iea - la International Energy Agenbcy - calcola che nel 2030 la quota di elettricità prodotta nelle centrale atomiche si ridurra dall'attuale 16% al 9-12%, Anche sui tempi, Scajola fa più che altro propaganda. Se si parla di nucleare di nuova generazione, quello per intendersi dei grandi programmi internazionali di ricerca che vede mobilitati tutti i più importanti Paesi europei e nei quali è auspicabile che s'impegni pure l'Italia, per le prime centrali bisogna attendere almeno 15 o 20 anni. Darsi un orizzonte di cinque anni significa che si pensa al nucleare disponibile oggi, magari da realizzare nei vecchi siti atomici dimessi come Caorso e Trino: una prospettiva socialmente impraticabile, destinata a fallire prima di nascere. Il nucleare, almeno il nucleare che c'è, è dunque per l'Italia una soluzione sbagliata, impropria: ma una soluzione sbagliata ad un problema terribilmente serio. Il problema è quello dell'insostenibilità ambientale e anche economica dell'attuale sistema energetico largamente basato sulla dipendenza dal greggio. Il caro-petrolio e i mutamenti climatici, tendenze entrambe ormai consolidate, impongono di ridurre tale dipendenza: bisogna "rottamare il petrolio", per usare lo slogan coniato in campagna elettorale da Walter Veltroni, deve farlo tutto il mondo e deve farlo a maggior ragione a un Paese come l'Italia che importa tutto il petrolio che consuma. Da noi le principali vie da battere sono tre. Una è puntare sul metano, il combustibile fossile di gran lunga meno inquinante, e per questo serve realizzare alcuni rigassificatori, necessari per rendere più agevoli ed elastici i nostri approvvigionamenti di gas. Le altre due strade sono riassunte dai tre 20% indicati dall'Unione europea come obiettivi al 2020: -20% sulle emissioni di anidride carbonica, il gas responsabile del "global warming"; -20% sui consumi di energia; almeno il 20% di rinnovabili sul mix energetico. L'Europa sta camminando da tempo in questa direzione, l'Italia è quasi al palo: siamo agli ultimi posti nell'Unione per efficienza energetica e per sviluppo delle energie rinnovabili, e siamo in abissale ritardo rispetto agli obiettivi di riduzione delle emissioni dannose per il clima assegnatici dal Protocollo di Kyoto. I paladini dell'atomo ripetono spesso che dalle rinnovabili può venire soltanto un contributo modesto alla produzione totale di energia: ma già oggi ci sono molti Paesi europei - la Danimarca, la Germania, la Spagna, il Portogallo - nei quali la quota di elettricità prodotta con eolico e solare sfiora o addirittura supera il 10%. Inoltre, puntare sull'efficienza e sulle energie pulite vale a spingere l'innovazione tecnologica, a rendere le imprese più competitive, a creare nuovi e stabili posti di lavoro: in Germania già oggi il settore delle rinnovabili occupa 200 mila lavoratori, e negli Stati Uniti, dove si prevede che entro vent'anni l'eolico coprirà almeno il 20% del fabbisogno elettrico, tra diretto ed indotto l'energia del vento darà lavoro a mezzo milione di persone. Allora il nucleare proposto dal governo Berlusconi non rappresenterebbe un ritorno al futuro ma una fuga verso il passato, e farebbe perdere al nostro Paese altro tempo prezioso rispetto alle vere innovazioni di cui abbiamo bisogno in campo energetico. Sarebbe pura e vecchia ideologia, non troppo lontana dall'opposta ideologia di quanti nel nome dell'ambiente si battono contro scelte e opere - l'eolico, i rigassificatori - senza le quali proprio l'ambiente, e soprattutto noi umani che ne facciamo parte, ce la vedremo malissimo. "Il ritorno al nucleare? Una fuga verso il passato" di Roberto Della Seta.
IL NUCLEARE? UNA FUGA VERSO IL PASSATO
Il nucleare è la soluzione? E' questa la via d'uscita per rispondere ai problemi economici del caro-petrolio e a quelli non meno urgenti dei mutamenti climatici, legati anch'essi all'immane consumo di greggio e di altri fossili? La pensa così il governo Berlusconi, che con il ministro Scajola ha annunciato che entro cinque anni verrà dato concreto avvio alla realizzazione di nuove centrali nucleari. Ora, il tema del nucleare è certamente serio, molto meno seri sono i toni propagandistici e le previsioni tempistiche contenuti nell'annuncio di Scajola. E' propaganda, intanto, sostenere che il nucleare che c'è, quello delle centrali attualmente in funzione, sia sicuro: i problemi di sicurezza e d'impatto ambientale, a cominciare dalle scorie, che hanno reso l'energia dell'atomo molto impopolare, e non solo in Italia, restano irrisolti; irrisolti dappertutto, anche nei Paesi come la Francia, gli Stati Uniti o il Giappone, che sul nucleare hanno scommesso di più. Il nucleare è tuttora una tecnologia molto insicura e molto rischiosa, ed è ad oggi - persino con il petrolio a 130 dollari il barile - una tecnologia economicamente poco conveniente per gli alti costi di costruzione e di smantellamento delle centrali e di smaltimento dei rifiuti. Insicurezza e costi molto alti sono anche le principali ragioni per le quali da oltre un decennio nessun Paese occidentale costruisce più nuove centrali. Insomma, il nucleare è fermo da tempo là dove le preoccupazioni e il controllo dell'opinione pubblica hanno più peso e dove l'energia è un affare del mercato; invece continua ad andare avanti in Cina, in India, in Russia, dove il controllo democratico o non c'è oppure è molto più fragile e dove le centrali vengono pagate con i soldi dello Stato. Nel complesso, comunque, il nucleare è in declino, e la Iea - la International Energy Agenbcy - calcola che nel 2030 la quota di elettricità prodotta nelle centrale atomiche si ridurra dall'attuale 16% al 9-12%, Anche sui tempi, Scajola fa più che altro propaganda. Se si parla di nucleare di nuova generazione, quello per intendersi dei grandi programmi internazionali di ricerca che vede mobilitati tutti i più importanti Paesi europei e nei quali è auspicabile che s'impegni pure l'Italia, per le prime centrali bisogna attendere almeno 15 o 20 anni. Darsi un orizzonte di cinque anni significa che si pensa al nucleare disponibile oggi, magari da realizzare nei vecchi siti atomici dimessi come Caorso e Trino: una prospettiva socialmente impraticabile, destinata a fallire prima di nascere. Il nucleare, almeno il nucleare che c'è, è dunque per l'Italia una soluzione sbagliata, impropria: ma una soluzione sbagliata ad un problema terribilmente serio. Il problema è quello dell'insostenibilità ambientale e anche economica dell'attuale sistema energetico largamente basato sulla dipendenza dal greggio. Il caro-petrolio e i mutamenti climatici, tendenze entrambe ormai consolidate, impongono di ridurre tale dipendenza: bisogna "rottamare il petrolio", per usare lo slogan coniato in campagna elettorale da Walter Veltroni, deve farlo tutto il mondo e deve farlo a maggior ragione a un Paese come l'Italia che importa tutto il petrolio che consuma. Da noi le principali vie da battere sono tre. Una è puntare sul metano, il combustibile fossile di gran lunga meno inquinante, e per questo serve realizzare alcuni rigassificatori, necessari per rendere più agevoli ed elastici i nostri approvvigionamenti di gas. Le altre due strade sono riassunte dai tre 20% indicati dall'Unione europea come obiettivi al 2020: -20% sulle emissioni di anidride carbonica, il gas responsabile del "global warming"; -20% sui consumi di energia; almeno il 20% di rinnovabili sul mix energetico. L'Europa sta camminando da tempo in questa direzione, l'Italia è quasi al palo: siamo agli ultimi posti nell'Unione per efficienza energetica e per sviluppo delle energie rinnovabili, e siamo in abissale ritardo rispetto agli obiettivi di riduzione delle emissioni dannose per il clima assegnatici dal Protocollo di Kyoto. I paladini dell'atomo ripetono spesso che dalle rinnovabili può venire soltanto un contributo modesto alla produzione totale di energia: ma già oggi ci sono molti Paesi europei - la Danimarca, la Germania, la Spagna, il Portogallo - nei quali la quota di elettricità prodotta con eolico e solare sfiora o addirittura supera il 10%. Inoltre, puntare sull'efficienza e sulle energie pulite vale a spingere l'innovazione tecnologica, a rendere le imprese più competitive, a creare nuovi e stabili posti di lavoro: in Germania già oggi il settore delle rinnovabili occupa 200 mila lavoratori, e negli Stati Uniti, dove si prevede che entro vent'anni l'eolico coprirà almeno il 20% del fabbisogno elettrico, tra diretto ed indotto l'energia del vento darà lavoro a mezzo milione di persone. Allora il nucleare proposto dal governo Berlusconi non rappresenterebbe un ritorno al futuro ma una fuga verso il passato, e farebbe perdere al nostro Paese altro tempo prezioso rispetto alle vere innovazioni di cui abbiamo bisogno in campo energetico. Sarebbe pura e vecchia ideologia, non troppo lontana dall'opposta ideologia di quanti nel nome dell'ambiente si battono contro scelte e opere - l'eolico, i rigassificatori - senza le quali proprio l'ambiente, e soprattutto noi umani che ne facciamo parte, ce la vedremo malissimo. "Il ritorno al nucleare? Una fuga verso il passato" di Roberto Della Seta.
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